FARI NEL MONDO

                                                              


IL FARO DI PUNTA SCORNO

Isola dell’ Asinara, Sardegna

di Annamaria "Lilla" Mariotti e Matteo Pipia






Il faro di Punta Scorno, sull'’Isola dell’'Asinara, a Nord Ovest della Sardegna, sorge solitario su una piccola altura, nella parte più settentrionale dell’'isola dove la terra  finisce e si getta in mare, e di lassù domina quella tavolozza di blu, azzurri, turchesi e verdi.

 




Da quella posizione segnala alle navi in transito l'ingresso occidentale del golfo dell' Asinara e  le sospinge verso Porto Torres dove un altro faro le guida al sicuro, in porto.


Quello di Punta Scorno è un faro molto antico, uno dei più antichi tra quelli realizzati in Sardegna ed è tutt' ora funzionante.



Era il 16 Febbraio 1854 quando un decreto del Re di Sardegna ne autorizzò la costruzione, venendo così incontro alle preoccupate osservazioni del generale Lamarmora che già in passato aveva fatto notare la necessità di un più adeguato sistema di segnalamenti lungo le coste sarde. Così lo storico Corbetta descrisse, in quegli anni, il progetto del faro:" Trattasi di un faro di 1° ordine, con apparato lenticolare a luce bianca fissa, con portata di 30 miglia, ampiezza del settore illuminante di 260° da S 55° o a S 45°. La costruzione è formata da una torre circolare che si innalza sopra un edificio a base quadrangolare con due terrazzi e pareti esterne bianche”".  La luce del faro venne accesa per la prima volta nel 1859, ed entro breve tempo i pochi  abitanti dell'’Isola, comunità di pastori e di pescatori, vennero allontanati perché proprio quell'’isola si trovava nella posizione ideale per la costruzione di un lazzaretto (il primo in Italia) dove far sostare in quarantena gli equipaggi provenienti da zone Mediterranee in cui imperversavano delle epidemie,  ed in seguito, una volta disabitata, venne  anche adibita a colonia penale. I suoi abitanti non ebbero scelta, dovettero lasciare le loro case con un indennizzo di 750 lire a testa, e una parte di loro, soprattutto i pescatori di origine ligure,  fondarono il piccolo villaggio di Stintino, sulla costa occidentale della Sardegna, dove si stabilirono e dove molti dei loro discendenti vivono ancora adesso.


 

Il faro e i suoi custodi si ritrovano così, in quella porzione dell’ Isola controllata dal Ministero della Marina, a convivere con una nuova realtà, quella del carcere.

 

La vita dei faristi  da quel momento  in poi, andò di pari passo con quella delle guardie carcerarie e dei detenuti. A Cala D’' Oliva, dove già era esistito un agglomerato urbano,  si trovano i principali servizi dell’' isola. Qui c'’erano gli spacci, la chiesa e la scuola, insomma, tutto quel che poteva servire per portare avanti in piena autonomia la vita degli addetti al  super carcere.  E  proprio a Cala d'Oliva si recavano tutte le mattine i figli dei fanalisti per frequentare la scuola.

 

Un altro aspetto particolare della convivenza fra faro e carcere era rappresentata dal fatto che un detenuto veniva affidato al capo fanalista nelle ore diurne per aiutarlo nelle mansioni quotidiane di manutenzione del segnalamento. Questo detenuto, quindi, viveva una sorta di semilibertà presso il faro, dove viveva come una persona di famiglia, mangiando alla stessa tavola dei fanalisti, ma non poteva ricevere denaro, né  possedere armi, nè utilizzare la barca in dotazione al faro.

 
Tutti i fari hanno le loro storie da raccontare e sotto la lanterna del faro di Punta Scorno la più famosa che viene ricordata è quella delle tre sorelle Vitello, figlie del fanalista Filippo. Nella notte del 15 Settembre 1953 le ragazze salvarono tre naufraghi, caduti in mare da una imbarcazione che stava affondando, recuperandoli con una piccola barca che avevano messo in mare quando si erano rese conto del pericolo che gli uomini stavano correndo. Per questa coraggiosa impresa le tre sorelle Anna, Ida ed Elisa furono insignite della medaglia di bronzo al valore della Marina, uniche donne nella storia a ricevere questa onorificenza.


Nel 1977 il faro è stato automatizzato e l’' ultimo fanalista ha chiuso definitivamente il  grande portone di legno. Si trattava di Gian Franco Massidda, la cui famiglia era arrivata all’ Asinara nel 1889 quando Francesco, suo nonno, si stabilì presso Cala Reale come appaltatore.


Il faro nel corso della sua lunga storia ha subito vari rimaneggiamenti, e molteplici sono stati i tipi di combustibili utilizzati per illuminare la lanterna, fino all’ elettrificazione avvenuta nel 1973. Venti anni dopo sono stati installati 10 pannelli fotovoltaici per l'’alimentazione del fanale di riserva in caso di interruzione della corrente.

 

Attualmente questa vecchia sentinella del mare fa parte della reggenza di Porto Torres, da dove, viene costantemente controllata attraverso il telemonitoraggio.  In caso di problemi le moderne tecnologie permettono di avvertire immediatamente il fanalista di guardia, che non si trova più sul posto, ma può intervenire per le necessarie riparazioni. Prima dell'avvento della tecnologia erano le guardie carcerarie, la forestale o le navi in transito a segnalare eventuali malfunzionamenti, perché la luce del faro non è direttamente visibile da Porto Torres. Ora la modernità consente di conoscere in tempo reale il funzionamento di tutti i meccanismi e di intervenire tempestivamente.

 
Il faro oggi ha un ottica fissa  che emette lampi con una caratteristica complessa: ad un lampo della durata di un secondo segue un eclisse di 2 secondi, questo si ripete per quattro volte, poi si ha un’eclisse più lunga, della durata di 10 secondi dopodiché il ciclo ricomincia. La luce del faro è visibile a 16 miglia di distanza.


Attualmente il faro si presenta come un edificio bianco a tre piani sul quale si eleva l’' alta torre che sorregge la lanterna. L’' originaria forma quadrangolare dell’' edificio è andata perduta in seguito all’' abbattimento di una parte, probabilmente pericolante, e oggi il caseggiato presenta una pianta a forma di elle. Le pareti esterne sono ricoperte dai fili della gabbia di faraday, un particolare tipo di parafulmine che ricopre l’intera struttura e la torre conferendo al tutto un curioso aspetto a quadratini, come succede per molti altri fari sardi.  


Anche in questo faro l'’incuria sta lentamente aggredendo tutte le strutture e appare oramai superfluo ricordare il valore storico di questi edifici e il loro potenziale se opportunamente sfruttati. Ma pare che oggi giorno si preferisca ammorbare le coste con nuove colate di cemento dai devastanti impatti ambientali piuttosto che sfruttare quanto già esiste e non offende l’' occhio. Queste vecchie strutture, antiche a maltrattate, invece, non hanno un impatto ambientale negativo, anzi, abbelliscono l'’orizzonte con le  loro costruzioni che sorgono in luoghi suggestivi, con le loro torri illuminate che riportano con il pensiero ad un tempo in cui l’'uomo che solcava il mare contava su un altro uomo, in cima al faro, per tornare sano e salvo a casa

 

 

 



 
 
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