FARI NEL MONDO

                                              
                                              


L'ISOLA SENZA FARO

di Annamaria "Lilla" Mariotti


I fari sono dei manufatti meravigliosi, prima di tutto se si pensa al loro scopo, quello di inviare un segnale luminoso sul mare durante la notte per indicare ai naviganti i pericoli che nasconde il mare, scogli sommersi, secche, e altre insidie che potrebbero provocare un naufragio. 

Ce ne sono dappertutto: sui promontori estesi sul mare, al di sopra di ardite scogliere, all’ingresso dei porti e, soprattutto, su scogli o isolotti sparsi in mezzo al mare.




L'isola di Tristan da Cunha



Tuttavia su una sperduta isola in fondo all’oceano Atlantico, una piccola isola di 98 km² di superficie, di nazionalità inglese, a lat. 37° 6’ 44” sud  e long. 12° 161’ 56” ovest, quasi esattamente a metà strada tra Il Sud America e il Sud Africa, che ha visto nel corso dei secoli moltissimi naufragi, non esiste un faro.  

Quest’isola si chiama Tristan da Cunha, conta meno di 300 abitanti con sette cognomi, di cui due italiani, Repetto e Lavarello, originari di Camogli, sulla Riviera Ligure di Levante e rimasti sull’isola dopo il naufragio del loro vascello.  Quello del brigantino “Italia”, di un armatore chiavarese, è stato l’ultimo naufragio che si è verificato sull’isola di cui si abbia notizia. 

Tutti gli altri capostipiti erano di nazionalità diverse: scozzese, inglese, olandese, americana, e si erano fermati sull’isola per scelta, in tempi diversi, dopo esserci capitati con le loro navi per fare rifornimento.  Il primo, il fondatore della colonia, nel 1717, si chiamava William Glass, uno scozzese, caporale della fanteria di stanza sull’isola durante l’esilio di Napoleone a Sant’Elena, che, con altri due commilitoni, poi ripartiti, aveva creato in quell’angolo sperduto del mondo la sua utopica colonia. 

Nel 1998 il “GUINESS DEI PRIMATI” ha definito Tristan da Cunha “La più remota isola abitata del mondo”.


Se su quest’isola ci fosse stato un faro, forse molti naufragi sarebbero stati evitati.  In realtà vi si trovava, negli anni ’30 del 1900 e usato per diversi anni, un piccolo semaforo bianco in legno composto  da una piccola lanterna con vetri appoggiata su un mucchio di pietre, anch'eese bianche, alimentata con paraffina (quando se ne trovava sull'isola) e gestito dai ragazzini, ma veniva usato più che altro per fare segnalazioni durante il giorno alle navi che si stavano accostando, per indicare il miglior punto di ancoraggio dato che, ancora oggi, l’isola non dispone di un porto.



I guardiani del faro nel 1938
(foto di Allan Crawford)


Io, incuriosita dalla mancanza di questo faro che mi sembrava invece così utile in una simile posizione, pochi anni fa mi sono fatta coraggio ed ho inviato una mail all’allora Amministratore Mr. David Morley chiedendo informazioni in merito.  La sua risposta è stata veloce e diceva così “: “On the question of a lighthouse, I doubt that there was ever enough shipping traffic to justify the enormous expense and effort in building one.” (Sulla questione del faro, dubito che qui ci sia un sufficiente traffico di  navi da giustificare l’enorme spesa e gli sforzi per costruirne uno).

Quale che siano le ragioni, evidentemente la comunità non ritiene necessario quest’aiuto alla navigazione, anche se il traffico delle navi in quella zona di mare è sempre molto attivo.


La ragione può anche essere un’altra, secondo la mia opinione personale: non bisogna dimenticare che Tristan si trova al limite dei Quaranta Ruggenti, i terribili venti che soffiano da ovest intorno a Capo Horn e che risalgono l’Atlantico con la loro furia.  A Tristan le tempeste sono tanto improvvise quanto terribili, e il pericolo che una di queste potrebbe in breve tempo distruggere anche il più potente dei fari è un rischio che va considerato e sarebbe un’altra delle tante tragedie che hanno travagliato questa popolazione durante i secoli di permanenza sull’isola. 
 







 
 
Contatori visite gratuiti
  Site Map